Fallimentare – Chiusura della procedura di fallimento in pendenza di giudizi – Prassi operative a seguito delle recenti modifiche all’art. 118 LF, introdotte dal D.L. 83/2015, convertito in L. 132/2015.
A seguito delle recenti novità legislative (D.L. n. 83/2015, conv in l. n. 132/2015), l’art. 118, comma 2°, L.F. è stato modificato con l’inserimento della seguente testuale previsione: “La chiusura della procedura di fallimento nel caso di cui al n. 3) non e’ impedita dalla pendenza di giudizi, rispetto ai quali il curatore puo’ mantenere la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del giudizio, ai sensi dell’articolo 43. In deroga all’articolo 35, anche le rinunzie alle liti e le transazioni sono autorizzate dal giudice delegato. Le somme necessarie per spese future ed eventuali oneri relativi ai giudizi pendenti, nonche’ le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato, sono trattenute dal curatore secondo quanto previsto dall’articolo 117, comma secondo. Dopo la chiusura della procedura di fallimento, le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti definitivi e gli eventuali residui degli accantonamenti sono fatti oggetto di riparto supplementare fra i creditori secondo le modalita’ disposte dal tribunale con il decreto di cui all’articolo 119. In relazione alle eventuali sopravvenienze attive derivanti dai giudizi pendenti non si fa luogo a riapertura del fallimento. Qualora alla conclusione dei giudizi pendenti consegua, per effetto di riparti, il venir meno dell’impedimento all’esdebitazione di cui al comma secondo dell’articolo 142, il debitore puo’ chiedere l’esdebitazione nell’anno successivo al riparto che lo ha determinato.”
In sostanza, per effetto di tale riforma (in vigore per tutte le procedure pendenti al 21 agosto 2015), la chiusura della procedura fallimentare nel caso di compiuta ripartizione finale dell’attivo non può essere impedita dalla pendenza di giudizi. Trattasi evidentemente di una previsione con finalità deflattive, diretta ad evitare le ipotesi di durata della procedura oltre i termini massimi della L. 89/01 (c.d. Legge Pinto) e le conseguenti azioni risarcitorie.
Nei pochi mesi trascorsi dall’entrata in vigore della predette modifica legislativa, si sono riscontrate le prime prassi operative divulgate da diversi Tribunali Fallimentari per fornire ai curatori alcune prassi operative da seguire per il deposito telematico di una comunicazione/dichiarazione contenente informazioni sulla presenza di cause pendenti che impediscono la chiusura del fallimento.
Di seguito le prassi operative di: